Arequipa la Città Bianca del Perù

Dopo avervi parlato, tempo di fa, di Sucre, la Città Bianca della Bolivia, oggi voglio presentarvi Arequipa, la Città Bianca del Perù, visitate ben dieci anni prima.

Arequipa, la seconda città del Perù, è situata a 3.200 mt, ai piedi del Misti, un gigantesco vulcano spento.

È conosciuta come La Ciudad Blanca (la città bianca) dal colore della pietra con la quale sono stati costruiti tutti gli edifici principali del suo centro storico, dichiarato nel 2000 patrimonio dell’umanità dall’UNESCO.

In centro, c’ è la Plaza de Armas, una delle più belle piazze del Perù, di cui un intero lato è occupato dalla Cattedrale, delimitata da due campanili e ricostruita all’inizio dell’Ottocento dopo essere stata distrutta da un incendio e da un terremoto.  Gli altri edifici che si affacciano sulla piazza sono tutti in massiccia pietra bianca e recano ingressi finemente scolpiti con evidenti influenze moresche.

Vista su Plaza de Armas e la Cattedrale

Sparse per Arequipa, si incontrano anche decine di residenze patrizie del XVIII secolo, per la maggior parte sopravvissute alle scosse sismiche che affliggono regolarmente la zona. Gli edifici coloniali ad un piano esibiscono grandi porte in legno intagliato e finestre in ferro battuto alla francese, mentre le stanze dagli alti soffitti si raccolgono intorno a spaziosi patii. Gli edifici più significativi di questa tipologia sono Casa Ricketts, realizzata nel 1738 come seminario e attualmente sede di una banca, Casa de la Moneda, che ha più di 200 anni ed è molto apprezzata anche dagli stessi cittadini, e Casa Moral, che prende il nome dall’antico albero di gelso nel patio e che oggi ospita una banca ed un piccolo museo. In Calle la Merced, invece, sorge il palazzo Goyeneche, che merita di essere visitato per i suoi grandi patii, le camere da letto, le porte e le finestre in tipico stile coloniale.

Nella zona meno antica della città visitate la chiesa de La Compania, la cui complessa facciata è un tripudio di colonne, spirali, corone d’alloro, fiori, uccelli e foglie di vite, all’interno delle quali si intravedono le formule abbreviate della messa del Venerdì Santo, lo stemma della città, con al centro il vulcano Misti, e la data in cui l’ingente lavoro fu ultimato: 1698. Nella strada a fianco della chiesa si trova il chiostro e, non lontano, si erge anche la Chiesa di San Francisco, principale centro delle celebrazioni dell’Immacolata Concezione dell’8 dicembre.

Un altro luogo sacro molto interessante è il Convento di Santa Catalina che, nel 1970, dopo 400 anni di isolamento, è stato definitivamente aperto al pubblico.

Girovagando per il convento di Santa Catalina

Visitiamo, affascinati e assorti, questa “città nella città” con abitazioni, strade, piazze e chiostri. Fondato nel 1580 è stato il convento di clausura per le eredi delle ricche famiglie spagnole che prendevano i voti, portandovi una ricca dote. Si tratta del monastero più grande del Sud – America, stupendo e perfettamente conservato. Ogni monaca figlia di una nobile famiglia, portava per la sua vita in convento un enorme baule con tutto il necessario, compreso stoviglie di porcellana finissima e candide lenzuola. Ogni cella prevedeva una camera da letto, un soggiorno, un bagni ed una cucina con giardinetto, insomma degli appartamenti a tutti gli effetti e poi una monaca indios come servitrice, forse non proprio in linea con i principi di uguaglianza. Sfarzo, grandezza e ricchezza che, avremmo ritrovato, nel Convento di Potosì in Bolivia, nel quale potevano entrare solo ragazze provenienti da famiglie nobili e ricche. Potete scegliere, al posto del solito “fai da te”, di farvi illustrare la storia da una guida privata che troverete all’ingresso.

Un altro luogo da visitare assolutamente, è il museo Andino dove, ad oggi, è ancora conservata, in ottime condizioni, la mummia di Juanita, una ragazzina tredicenne sacrificata al Dio Sole, ritrovata congelata dopo circa 500 anni sul Monte Ampato a oltre 6.000 metri.

Il Vulcano Misti

 Sul Vulcano Ampato e Misti gli inca, infatti, usavano fare sacrifici umani. Partivano da Cusco e, a piedi, raggiungevano la sommità di queste montagne portando con se dei bambini “sacri” appartenenti a famiglie reali e perfettamente in salute. Dopo averli storditi con la Chicha ( una birra a base di mais fermentato che abbiamo avuto l’onore di assaggiare) e foglie di coca, li colpivano con un colpo secco alla tempia per ucciderli e poi seppellirli in posizione fetale come da tradizione. A causa delle eruzioni del vulcano uno dei fanciulli è scivolato dal monte finendo sotto lastre di ghiaccio per più di 500 anni, Juanita! All’interno del museo video e guida vi spiegheranno tutto sulle tradizioni dei sacrifici umani, davvero interessante: vi raccomando di coprirvi bene perché le temperature sono molto basse, per mantenere congelata la mummia.

Da non perdere assolutamente, i dintorni di Arequipa e il belvedere sui suoi vulcani, uno spettacolo paesaggistico davvero suggestivo. Noi non ci siamo fatti scappare neppure questi.

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