Ogni volta che ripenso come a settembre del 2004 siamo arrivati in Kenya mi scoppia da ridere. Sapete perché? Un famoso tour operator ci regalò un buono vacanza da spendere entro un mese e io andai di corsa in agenzia per prenotare un volo per due persone diretto in Irlanda. Tutto pieno. Era complicato persino il noleggio della vettura e trovare un buon alloggio. Idem per la Scozia e l’Inghilterra. A quel punto la mia agente contattò direttamente il tour operator che ci propose il Kenya: ultimi posti sul volo e ultima stanza nello splendido resort di Malindi (e che stanza! Una suit da sogno… al prezzo di una standard). Decidemmo di accettare. Mai stati più felici di questa scelta dell’ultima ora.
Arrivati a destinazione, decidiamo che, oltre al mare, sarebbe bello un “battesimo dei Safari”, così ci lanciamo e optiamo per il Parco Tzavo, il più grande di tutto il Kenya, diviso, per questo, in Est ed Ovest.
Qui alloggiamo in campi tendati che chiamarli tali sembra quasi un’offesa. In particolare nella parte Est, siamo così vicini al fiume che ci viene detto di stare attenti agli animali che vi si aggirano per andare ad abbeverarsi, attraversare il fiume, fare il bagno… Di notte poi è stata un’esperienza davvero mozzafiato. Ad un certo punto, calato il vento, in un silenzio che appariva surreale a noi che siamo abituati ai suoni e rumori della civiltà, vengo svegliata dagli ippopotami. Avevano attraversato il fiume perché, ogni notte, per non consumare tutta l’erba intorno a loro, gli ippopotami percorrono anche una ventina di chilometri prima di nutrirsi. Scesa dal letto, mi sono coricata per terra con la torcia elettrica in mano accesa ed ho tirato su un pochino di tenda. Mi sono trovata due occhietti piccoli su un musone che stava camminando lentamente. Ci siamo guardati, lui o lei (chi può dirlo) mi ha annusata attraverso la griglia e poi ha proseguito. Io sono rimasta ancora un po’ lì a guardarli passare oltre il campo. Avevo letteralmente il cuore a mille. Durante i safari poi, le emozioni sono andate anche oltre le nostre aspettative.
Ho avuto un incontro ravvicinato con un leone perché ci si era bucata una gomma proprio a pochi metri da lui. Pensare che io avevo puntato un albero per andare a mettermi all’ombra e mi stavo dirigendo là bella tranquilla in quanto non mi ero accorta dell’animale… Mai più, infatti, immaginavo di trovarlo proprio lì, vicino al ciglio della strada e, per come mi ha guardata, non se lo aspettava neppure lui di vedere me passeggiare per il suo regno. Sembrava incerto sul dà farsi. Io mi sono allontanata piano piano e lui è rimasto fermo: evidentemente la calura era troppa persino per lui.
Il mio azzardo più riuscito è stato scendere in una zona del fiume davvero suggestiva, amata molto da ippopotami e coccodrilli. Abbiamo persino visto il leopardo tornare dal fiume dopo aver bevuto. Peccato che al tramonto gli ippopotami abbiano cominciato a nuotare per risalire il fiume e uscire dall’acqua. Ce ne siamo dovuti andare di buon passo. Questa volta con noi c’era un ranger con tanto di fucile che ci ha riaccompagnati al campo e ci ha mostrato come si accende il fuoco nella savana. Il miglior combustibile? Lo sterco di elefante. Praticamente è una balla di fieno e non fa neppure odore di letame.
Quanti animali abbiamo visto ed immortalato. Alcune specie o sottospecie non le conoscevo, ma abbiamo cercato di impararle chiedendo ai ranger, così come abbiamo cercato di conoscere e comunicare con alcuni degli abitanti del Kenya, contadini, allevatori o pescatori.
Tornando verso la costa, abbiamo attraversato diversi villaggi, visitato un piccolo ospedale locale al quale abbiamo lasciato il farmaco per la profilassi antimalarica, garze, disinfettanti… Siamo stati anche in una scuola e lì abbiamo portato penne, quaderni… e, a Malindi, abbiamo gironzolato per la città visitando una fabbrica di artigianato locale in cui abbiamo acquistato splendidi oggetti in legno, per noi e per i nostri familiari. Il ricavato andava direttamente in mano ai dipendenti, veri e propri maghi nell’intagliare e trasformare un semplice pezzo di legno in un elefante, una giraffa, mobili bellissimi…
Dulcis in fundo ci siamo anche goduti il mare, o meglio, l’oceano. Eravamo sulla spiaggia conosciuta con il nome di Silversand (“sabbia argentata”). Con questo nome si indica una chilometrica distesa di sabbia argentata (da cui il nome) dove si affacciano diverse strutture alberghiere. È considerata una delle spiagge più belle del mondo. È indicata sia per chi cerca solo relax sia per chi in vacanza vuole anche divertirsi: nelle vicinanze infatti è possibile trovate diversi locali. La spiaggia comincia dalla punta intitolata a Vasco da Gama, che approdò qui.
Siamo anche stati in escursione su una delle “lingue di sabbia” che emergono al largo con la bassa marea e, tornando dalla barriera corallina, siamo approdatati sulla spiaggia vera e propria di Malindi. Lunga diversi chilometri, è di sabbia bianchissima e il colore del mare varia dall’azzurro tenue al blu scuro. È sempre molto ventilata. La parola d’ordine su questa spiaggia è soltanto una: relax. È consigliata per chi desidera trascorrere un periodo di riposo in riva al mare e per chi sta trascorrendo una vacanza con la famiglia. La barriera corallina è un’ottima occasione per un po’ di snorkeling. Si trova nella parte meridionale della città di Malindi.
Non è stato facile lasciare il Kenya e, questa terra, ha voluto salutarci a modo suo, ancora una volta, rendendoci partecipi di un ennesimo meraviglioso fenomeno naturale. Tornando verso l’aeroporto internazionale, ad un tratto, si è messo a piovere. Finita la pioggia, qualche raggio di sole, ci ha regalato due enormi arcobaleni che parevano partire da terra. Sembravano ponti colorati e, se fossimo stati in Irlanda a San Patrizio, saremmo scesi di corsa dal veicolo a cercare il Leprechaun per farci regalare la pento d’oro (o almeno avremmo provato a convincerlo). Alla fine, anche il Kenya è una terra magica…Magica e generosa con chi lo visita, come solo l’Africa sa essere.