Ricordando Petra, antica capitale del Regno dei Nabatei in Giordania

A Pasqua 2010 sono stata in Giordania e, come ho già detto nel titolo di un reportage, questa terra “non è solo Petra”, ma molto altro (per scoprirlo https://sarainviaggio.altervista.org/giordania-non-solo-petra/).

Tuttavia, Petra, considerata una delle cosiddette sette meraviglie del mondo moderno, mi è rimasta negli occhi e nel cuore. Ora ve ne parlo, così capirete meglio…

Nel canyon con mamma

Petra fu rivelata al mondo moderno soltanto nel 1812, grazie a Johann Ludwig Burckhardt, viaggiatore svizzero che, in abiti arabi, si faceva chiamare Cheikh Ibrahim e seguiva la strada che collegava Damasco all’Egitto passando per la Giordania.

Egli aveva sentito dire infatti, che nei pressi del villaggio di Wadi Musa si trovavano, in una sorta di fortezza naturale, delle vestigie straordinarie.

La regione apparteneva allora all’Impero ottomano e gli stranieri curiosi di antichità, erano considerati con grande diffidenza, anche per via delle tensioni politiche e religiose dell’epoca.

Burckhardt si presentò allora come un pellegrino che desiderava sacrificare un agnello al profeta Aronne, la cui tomba, costruita nel XIII secolo, si riteneva collocata al di là delle rovine, in cima al gebel Haroun. Accompagnato dalla sua guida, l’esploratore attraversò la città antica senza potersi fermare un attimo a prendere una nota o a fare uno schizzo e, tuttavia, consapevole che le rovine presso Wadi Musa fossero quelle di Petra.

Entusiasta, diffuse la notizia tra gli occidentali residenti in Medio Oriente e in Egitto e la riportò anche nel suo libro Travels in Syria and the Holy Land, che fu pubblicato soltanto cinque anni dopo la sua morte, nel 1823.

Tombe nel canyon

Le prime vere missioni archeologiche cominciarono dal 1828 e dopo il 1830 Petra divenne un luogo di visita, tappa di pellegrinaggi religiosi e fonte di guadagni per i capi delle tribù dei dintorni. La prima missione archeologica inglese arrivò nel 1929 e tuttora sono in corso importanti scavi. Oggi è Petra un sito archeologico, posto a circa 250 km a sud della capitale Amman, in un bacino tra le montagne ad Est del Wadi Araba, la grande valle che si estende dal Mar Morto fino al Golfo di Aqaba del Mar Rosso. Fu nell’antichità una città semitica e poi capitale dei Nabatei, un popolo di commercianti dell’Arabia antica.

Verso l’VIII secolo fu abbandonata in seguito alla decadenza dei commerci e a causa di catastrofi naturali e benché le antiche cavità abbiano ospitato famiglie beduine fino ad anni recenti, fu in un certo senso dimenticata per molto tempo. La posizione e la disponibilità di acqua ne fecero, inizialmente, un luogo propizio allo sviluppo e alla prosperità di una città. Il luogo è accessibile solo da nord-ovest, per uno stretto sentiero di montagna e da est attraverso un canyon lungo circa 1,5 km e profondo fino a 200 metri, il Sik (o Siq), che ospitava anche la principale strada di accesso. Ricavato da un antico letto fluviale, si tratta di una profonda gola tagliata nelle alte pareti di arenaria che venne trasformata in trincea viaria, deviando altrove il corso del torrente.

E all’improvviso…

Alla fine del primo tratto di questo lungo corridoio dapprima si intravede e poi si apprezza in pieno per la presenza di un ampio spiazzo, uno dei più bei monumenti di Petra, il Khasneh al Faroun o il Tesoro del Faraone (il nome, di pura fantasia è stato inventato dai beduini), la cui facciata è profondamente incisa nella roccia.

Le numerose facciate intagliate nella roccia, riferibili per la massima parte a sepolcri, ne fanno un monumento unico, che è stato dichiarato Patrimonio dell’umanità dall’UNESCO il 6 dicembre 1985, così come la zona circostante, dichiarata dal 1993, parco nazionale archeologico e dal 2007.

Le costruzioni funerarie sono in gran parte ricavate nell’arenaria, la cui caratteristica è la variazione del suo colore, con sfumature che vanno dal giallo ocra al rosso fuoco, fino al bianco, dovute alla diversa concentrazione degli ossidi durante il lungo processo di consolidamento. Queste spettacolari variazioni cromatiche sono particolarmente visibili sui soffitti di molti punti sotterranei di Petra.

Nei dintorni inoltre, si trovano anche rocce contenenti silice, che i Nabatei sfruttavano per produrre un cemento impermeabile.

colori sorprendenti perché  originali della pietra

In questa regione semidesertica le sorgenti erano però rare e potevano fornire acqua solo per poche famiglie. I bisogni primari vennero quindi fronteggiati utilizzando l’acqua piovana disponibile e i Nabatei crearono un sistema di regole per la ripartizione del consumo d’acqua. Ancor oggi sono visibili impianti destinati a raccogliere e a distribuire l’acqua superando i forti dislivelli del terreno, in particolare sbarramenti e cisterne a cielo aperto, tutti segni questi che dimostrano come Petra un tempo fosse una vera e propria oasi artificiale. Per la raccolta esisteva anche un’importante rete di cisterne sotterranee, che riusciva a portare a Petra circa 40 milioni di litri d’acqua al giorno.

Certamente a Petra si coltivavano cereali, come l’orzo e il grano, alberi da frutta e viti. Sono stati, infatti, ritrovati anche torchi, probabilmente databili al periodo della dominazione romana, quando il vino aveva grande importanza. Attorno a Petra si aggirano tutt’oggi alcune mandrie di capre nere, una specie addomesticata fin dal neolitico.

Alcuni dei mosaici sul pavimento dell’antica Basilica

Visitare il sito per intero può essere impegnativo, ma, chi ne avesse bisogno, può contare sui dromedari che vi stazionano all’interno con i loro conduttori e fanno fare giri a pagamento (io non l’ho preso perché instancabile  nonostante il caldo e il fatto di essermi infilata e arrampicata ovunque, ma per chi necessitasse di questo aiuto, contrattate!). Soffermatevi presso i resti della basilica, entrate dove potete e salite solo dove è sicuro. Infine vi consiglio di prenotare “Petra by night”, uno spettacolo davvero suggestivo: si percorre, la sera con il buio e una torcia in mano, il canyon. Una volta all’ingresso della città ci si siede su stuoie e si sorseggia un te, mentre, alla luce di lumini, si assiste alla rappresentazione della storia di Petra in lingua inglese.

Per concludere, Petra è stata utilizzata come set nelle scene di numerosi film, tra i quali il famosissimo “Indiana Jones e l’ultima crociata”, Del resto è davvero un luogo incantevole e ricco di storia e merita quanto meno una visita.

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