Rapa Nui, l’Isola dei Misteri

Anche in questo articolo vi porto su un’isola, ma questa non è un’isola come le altre…

Lontana da Santiago del Cile, ma, in verità, lontana da tutto, l’Isola di Pasqua affascina archeologi, turisti e amanti del mistero.

La sperduta isola del Pacifico, chiamata così perché scoperta il giorno di Pasqua, presenta infatti delle statue uniche al mondo, i Moai, gigantesche teste di pietra che spuntano dal terreno. Queste statue, allineate l’una accanto all’altra, messe a guardia delle coste dell’isola, sono state nel corso dei secoli ispiratrici delle teorie più svariate. Chi e quando le ha realizzate? Qual è il loro significato?

Rapa Nui - Una serie di Moai con il cappello in testa
Rapa Nui – Una serie di Moai con il cappello in testa

Tuttavia, un altro mistero avvolge da sempre i suoi abitanti che sembrano scomparsi nel nulla. I primi occupanti dell’isola sembra che avessero la pelle bianca e ciò implicherebbe origini etniche geograficamente piuttosto distanti.

La teoria di Thor Heyerdahl, ricercatore norvegese e studioso della civiltà Rapa Nui, è che la prima etnia giunta sull’isola fosse il risultato di una mescolanza di civiltà nordiche, peruviane e polinesiane che, avvalendosi di zattere, approdarono su di essa dopo un lungo e difficile viaggio.

Rapa Nui - Un antico villaggio (da notare che le abitazioni hanno solo un'entrata molto piccola. Vi si accedeva abbassandosi e camminando con la schiena rivolta verso l'interno per controllare che non entrassero anche gli spiriti maligni)
Rapa Nui – Un antico villaggio (da notare che le abitazioni hanno solo un’entrata molto piccola. Vi si accedeva abbassandosi e camminando con la schiena rivolta verso l’interno per controllare che non entrassero anche gli spiriti maligni)

Secondo molti storici, i Rapa Nui (così venivano chiamati gli indigeni isolani) sarebbero letteralmente “morti di fame”, per aver sfruttato troppo intensamente le scarse risorse naturali dell’isola.

Un articolo recentemente pubblicato sulla rivista Pnas, sembra suggerire, invece, che le vere cause del declino di questa popolazione siano state molto più complesse, e che più che la malnutrizione, a causarne la scomparsa siano state le malattie portate dai colonizzatori.

Famosi per i Moai, le enormi teste di tufo – molte hanno anche braccia e busto, che negli anni sono stati ricoperti dalla terra – costruite sull’Isola di Pasqua, i Rapa Nui sono una popolazione di origine polinesiana insediatasi sull’isola intorno al 1200. Nei secoli passati sull’isola, prima dell’arrivo degli europei (1722), i Rapa Nui hanno ampiamente disboscato la zona settentrionale dell’isola modificandone così il clima. Proprio i cambiamenti climatici (dovuti soprattutto allo sfruttamento del territorio) hanno costretto questa popolazione a migrare da un’area all’altra dell’isola, e si riteneva fino ad oggi ne avessero causato in seguito il definitivo declino.

Equipe di ricercatori neozelandesi, statunitensi e cileni ha analizzato reperti su tutta l’isola, utilizzando una tecnica chiamata Obsidian hydration dating (Ohd), un metodo geochimico per determinare l’età di oggetti in cui è presente l’ossidiana (un vetro vulcanico che i Rapa Nui usavano per i loro manufatti), scoprendo così le aree in cui la popolazione è stata maggiormente attiva. Dagli studi effettuati è emerso che il calo demografico è avvenuto in maniera disomogenea: in particolare, nell’area a nord est dell’isola, grazie a condizioni climatiche favorevoli e al terreno fertile, i Rapa Nui hanno prosperato dal 1600 fino al 1800, ben oltre quindi i primi incontri con gli esploratori europei (avvenuto nel 1722). Lo studio mostra che gli abitanti dell’Isola di Pasqua all’arrivo degli europei non erano quindi sul punto di scomparire, nonostante la popolazione avesse subito un declino su base locale determinata dalle condizioni climatiche delle differenti aree dell’isola. La loro scomparsa definitiva, secondi i ricercatori, sarebbe quindi stata determinata dall’arrivo di malattie come il vaiolo e la sifilide, portate dagli esploratori europei, contro cui i Rapa Nui non possedevano alcuna difesa.

Sono, però, i Moai, le famose e caratteristiche statue sparpagliate per tutta l’isola, la più evidente testimonianza della prima razza giunta in questo luogo. Si tratta di gigantesche statue in pietra vulcanica, in gran parte alte sei metri, ma alcune raggiungono i 22 metri, che riproducono quasi ossessivamente lo stesso modello. Alcune sono poste in fila lungo la costa, e sembrano quasi a fissare minacciosamente i naviganti, altre sono abbandonate sulla montagna. Le più grandi giacciono incompiute nelle cave del vulcano Rano Kao, tuttora circondate dagli utensili necessari alla loro realizzazione. Attualmente ve ne sono circa 600. Più della metà, sono state trovate rovesciate, mentre altre si ritiene che siano state gettate in mare o distrutte dagli indigeni. Le statue ricordano molto l’arte Inca, sia nella struttura che nella lavorazione.

Rapa Nui - I cappelli dei Moai (i buffi cappelli rimasti sulle teste di alcune statue, venivano costruiti in cave che si trovavano spesso distanti da quelle in cui si scolpivano i Moai)
Rapa Nui – I cappelli dei Moai (i buffi cappelli rimasti sulle teste di alcune statue, venivano costruiti in cave che si trovavano spesso distanti da quelle in cui si scolpivano i Moai)

Probabilmente sono state erette per motivazioni religiose. I Moai sarebbero monoliti sacri, una sorta di totem, raffiguranti gli dei o forse uno dei primi re dell’isola. Non si sa bene con quali tecniche siano stati scolpiti, certamente occorreva possedere una buona perizia tecnica per tagliare la pietra nella cava e scolpirla secondo un preciso progetto.  Non si conosce bene neanche il modo con cui furono trasportati e eretti nei santuari. La tradizione orale non fornisce elementi tecnici soddisfacenti. I pasquani invocano un capo mitico, Tuu Ko Ihu, il dio Make Make o ancora i sacerdoti che ordinarono alle statue di camminare e di posarsi sui rispettivi ahu (i raggruppamenti di più Moai).

L’ipotesi più credibile è che i Moai fossero i monumenti voluti dalla casta aristocratica delle “orecchie lunghe”, così detta per le orecchie forate ed allungate, che avrebbe sfruttato come schiavi i paria “orecchie corte”. Questi ultimi si sarebbero infine ribellati alla tirannia degli aristocratici e, dopo una lunga lotta, avrebbero annientato le “orecchie lunghe” ed abbattuto i monumenti che li rappresentavano, come spesso accadeva nell’antichità.

Nonostante le misteriose statue costituiscano l’elemento che per eccellenza ha reso famosa l’Isola in tutto il Mondo, Rapa Nui non è solo Moai. Vale la pena visitare l’isola almeno qualche giorno perché regala scorci paesaggistici incredibili, caverne, pareti a strapiombo sul mare, siti archeologici, cavalli selvaggi, spiagge bianche…!

Rapa Nui - Una delle spiagge dell'Isola frequentata soprattutto dai locali
Rapa Nui – Una delle spiagge dell’Isola frequentata soprattutto dai locali

Malgrado sia praticamente priva di alberi (la palma autoctona si è estinta tempo fa perché i Rapa Nui, oltre ad utilizzarne il legno per abitazioni, fuoco, il trasporto dei blocchi di pietra, la usarono creare solide imbarcazioni con le quali lasciare l’isola) e non offra risorse particolari se non la pesca e il turismo (tutto costa caro,a parte il pesce, perché importato dal Cile e da altre Nazioni), l’Isola è molto selvaggia e non si trovano molti animali, se non cavalli, pecore, mucche e maiali importati dalla terraferma. Il mare non è caratterizzato dalla barriera corallina come altre isole del Pacifico. Tuttavia, nelle sue acque vive una grande colonia di capodogli che possono essere osservati dai visitatori. Per chi ama praticare trekking ed escursionismo è la meta ideale: il territorio è ricoperto da quattro vulcani, Poike, Rano Kau, Rano Raraku e Terevaka. Questo è anche il motivo per cui l’Isola di Pasqua è molto selvaggia.

Rapa Nui - Il Vulcano Rano Raraku
Rapa Nui – Il Vulcano Rano Raraku

A questo punto vi chiederete quale possa essere il periodo migliore per andare a Rapa Nui. Noi ci siamo stati dopo aver viaggiato in lungo e in largo per il Cile tra dicembre 2010 e gennaio 2011. Il periodo migliore, infatti, è proprio l’estate. Attenzione quindi al sole. Noi abbiamo avuto quasi subito un incontro davvero inaspettato,che ci ha subito messo in guardia dai suoi raggi, oltre ad averci raccontato qualunque cosa su ogni angolo e mistero dell’Isola: era la persona che aveva fatto da guida e da “Cicerone” ad Alberto Angela durante la registrazione di uno speciale proprio dedicato a Rapa Nui. Ci ha detto che, il colto Alberto (che per noi è sempre tutto compito, tutto d’un pezzo durante le sue trasmissioni) appena arrivato, si è strinato le caviglie!!! Questo da lui non ce lo aspettavamo proprio…Ah Ah Ah…

Ma vediamo come arrivare sull’Isola.

Verso la fine degli anni sessanta è stato ampliato l’aeroporto di Mataveri. Da allora il numero di turisti è aumentato, ma non è ancora una meta molto gettonata. Uno dei motivi è il costo di una vacanza sull’isola, che è piuttosto elevato. L’Isola di Pasqua può essere raggiunta durante tutto l’anno esclusivamente dal Cile. I voli decollano da Santiago del Cile e fanno tappa qui prima di andare a Tahiti. Sono della LAN, giornalieri e la durata del volo si aggira intorno alle 5 ore.

Chi decide di trascorrere una vacanza sull’Isola di Pasqua può scegliere tra diversi alberghi e resort che si collocano in un’ampia fascia di prezzi.

Se vi recate all’ufficio postale, per francobolli e timbro per le vostre cartoline, ve lo metteranno, se volete, anche sul passaporto: è davvero un bel ricordo! Ci sono ovviamente…i Moai!

Vi consigliamo anche di assistere ad uno spettacolo di danze locali. A seconda del giorno della settimana, i locali si alternano e chiamano i gruppi ad esibirsi. Chiedete quando siete in loco.

Rapa Nui - Danzatori con i costumi tradizionali
Rapa Nui – Danzatori con i costumi tradizionali

Tra misteri, natura e Moai, quest’Isola ci ha fatto sognare, immaginare, ci ha ricaricati di energia, ci ha resi parte di se, ci ha catturati con il suo fascino e, soprattutto, ci ha fatto riflettere. Mentre riguardavo il film omonimo, girato lì, mi sono ricordata che la guida di Alberto Angela ci aveva detto, tra le tante, tantissime (forse troppe) nozioni, che un viaggio che ti porta in un luogo come Rapa Nui, non si fa per caso. Si fa perché c’è qualcosa che ti porta lì, qualcosa che ti chiama, quasi come fosse il luogo da cui tutto ha avuto inizio, una sorta di “ombelico del Mondo”. A queste parole, col senno di poi, aggiungerei che c’è qualcosa che ti spinge ad arrivare sull’Isola, ma, alla fine, ti costringe ad andare via, perché è un posto troppo selvaggio, duro, lontano da tutto. Tuttavia, l’impronta che lascia nell’anima, è assolutamente indelebile e ti senti davvero un Rapa Nui in esilio.

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