Leptis Magna, un gioiello in pericolo

Una meraviglia, tra dune e mare: Leptis Magna. Qui, le dune sabbiose del deserto libico giungono fin quasi al limite e gli archeologi lottano contro di esse per proteggere le rovine grandiose. Leptis Magna, infatti, è un vero e proprio gioiello, risultato di una colossale operazione, iniziata negli anni 20, da archeologi italiani.

Benvenuti a Leptis Magna!

Gli abitanti di questa città non erano romani, bensì nordafricani romanizzati, che conoscevano il latino, ma parlavano una propria lingua, il punico (la lingua dei Fenici, chiamati anche Punici). Circa duemila anni fa, Leptis Magna poté sostenere una “multa” di tre milioni di libbre d’olio, che doveva spedire ogni anno a Roma per pagare lo scotto impostole da Cesare quale punizione per l’aiuto da essa prestato al suo rivale Pompeo. Gli uliveti, che si stendevano a perdita d’occhio lungo la fascia costiera, producevano tanto “oro verde” da poterlo vendere in tutto l’Impero: la ricchezza dei cittadini era tale, che alcuni monumenti pubblici tra i più importanti furono costruiti dalla munificenza e dall’ambizione personale di privati.  La stessa famiglia possidente, offrì ai cittadini uno dei più splendidi teatri del mondo antico, con il mare da sfondo.

Archi con teste della Medusa

Leptis Magna, potente ed antica città della Libia, oggi costituisce, assieme a Tripoli e a Sabratha, una delle tre città che hanno dato il nome alla Tripolitania. Delle tre città ho parlato in generale già in un reportage sul nostro viaggio in Libia nel 1999, quando c’erano ancora embargo e Gheddafi, ma, tutto sommato regnavano pace e calma. Per noi è stata una sorta di viaggio nel tempo che ci ha consentito di entrare nel cuore della città, attraverso, per esempio, i resti del Foro vecchio, dove si svolgevano gli affari, e il mercato coperto, donato alla cittadinanza da una ricca e potente famiglia.

Discorso!!!

Famosa a livello internazionale come forse la meglio conservata e più grande città romana del mondo, in origine, come già accennato prima, nacque sotto le spoglie di insediamento fenicio e probabilmente fu fondata nel VI secolo a.C. sotto Cartagine. Leptis Magna divenne, infatti, una grande metropoli solamente sotto i Romani, in particolare durante il regno di Settimio Severo, che qui nacque. Dopo la fine della dinastia di Severo, con l’assassinio di Alessandro Severo nel 235 d.C. cadde in declino, anche se un periodo di rinnovamento si verificò sotto Diocleziano e Costantino. Tuttavia, nel VII secolo la Tripolitania fu conquistata dagli arabi e Leptis Magna perse il suo antico splendore, completamente abbandonata dai suoi abitanti e abitata solamente da una guarnigione bizantina.

Qualcuno vuole comprare della stoffa?

Grazie ad importanti interventi archeologici, Leptis Magna ha oggi recuperato parte dell’antico splendore e costituisce una grande testimonianza del passato. Tra i molti siti di interesse ci sono l’arco di Settimio Severo, il campo sportivo, il Ninfeo, le Terme, la strada colonnata, la basilica severiana, il foro severiano, il Porto, il Circo, il Tempio di Roma e di Augusto, l’arco di Traiano, alcune residenze nobiliari (in particolare per i mosaici), l’arco di Tiberio ed il mercato. Tra le strutture tornate alla luce, l’enorme anfiteatro, del quale già accennato, che poteva contenere fino a sedicimila persone e dove, oltre ad affrontarsi i gladiatori, avvenivano anche le esecuzioni pubbliche. La fine della città coincise con quella dell’Impero Romano, e gran parte è ancora sepolta dalla sabbia con chi sa quante altre sorprese da scoprire.

Lo spettacolare Anfiteatro

Oggi, oltre alla minacce di Madre Natura, Leptis Magna, ha dovuto affrontare la caduta del regime, le relative ribellioni, il terrorismo. All’epoca, invece, eravamo noi due gli unici visitatori del sito, ai quali, ogni tanto, quasi come un miraggio, si affiancava qualche viso locale. Nonostante ciò, parecchi personaggi libici importanti, avevano già, nei loro salotti pezzi da collezione provenienti dalle Colonie, compresa Leptis Magna. Del resto, erano i volontari ad occuparsi di esse perché il Colonnello spendeva i soldi, non per il recupero e la tutela del patrimonio archeologico, ma per gli armamenti. Certo il danno era grave, perché si sottraevano agli occhi del Mondo pezzi davvero unici (statue, vasi, mosaici…). Adesso, però, con le distruzioni dei terroristi dell’ISIS, si rischia proprio di perdere tutto…per sempre.

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