Kashgar, quando il cambiamento che travolge la Cina arriva fino ai confini

Situata nella regione autonoma dello Xinjiang, Kashgar  è una città-oasi a cavallo tra il deserto del Taklamakan e la catena montuosa del Karakorum. Una posizione questa che, secoli fa, l’ha resa centro nevralgico dei commerci carovanieri lungo l’Antica Via della Seta. Kashgar è dove due delle Antiche Vie (quella meridionale proveniente dal Dunhuang e quella settentrionale proveniente da Turfan) si ricongiungevano in un incontro tra stoffe, tè, pietre preziose e altre mercanzie che si dirigevano verso l’Asia Centrale (in particolare a Samarcanda) ed il Medio Oriente.

Il generale Ban Chao della dinastia Han la inglobò per la prima volta all’impero nel 73 d.C., ma da allora tibetani, mongoli e karakhanidi si sono susseguiti al comando della città caratterizzandone la varietà di usi e costumi. Qui l’etnia han (quella cinese vera e propria) rappresenta meno della metà della popolazione, mentre buona parte dei residenti appartengono alla minoranza islamica degli uiguri, ai kirghisi, ai kazaki e agli uzbeki.

Nonostante questo però, l’avanzata della modernizzazione,  con “caratteristiche cinesi”, sta progressivamente snaturando l’anima della città. Ed ecco che, accanto alle tradizionali abitazioni in fango, svettano verso l’alto i tipici palazzoni han. Tuttavia, il nucleo urbano appare ancora suddiviso in due parti ben distinte:  la città nuova da una parte, il caotico e variopinto vecchio borgo uiguro, fatto di stradine strette e botteghe artigiane, dall’altra.

Augurandomi che il cambiamento non la travolga del tutto, mi sono davvero goduta la parte vecchia della città con i suoi edifici, i suoi volti, la sua vita, i suoi mercati. Situata nel cuore di Kashgar, occupa un’area di poco superiore ai quattro chilometri quadrati ed è caratterizzata da casette basse, con mura color fango e porte colorate,  come vuole la tradizione uigura.

Purtroppo, girovagando soprattutto tra i vari banchi ben allestiti ed assortiti dei vari mercati (compreso quello notturno), ho avuto modo di osservare che oggi la seta è stata soppiantata dall’acrilico ed il mercato degli animali, la domenica mattina, sta, via via, andando a morire a causa della burocrazia e degli esasperanti controlli e dazi ad opera di Pechino.

Altro incubo sono i controlli esasperanti sui viaggiatori: più volte abbiamo dovuto far vedere i passaporti e, addirittura, scendere dal mezzo con tutti i bagagli per farli passare ai controlli (e vi risparmio quanta burocrazia ci ha fatto perdere intere giornate in entrata, ma anche in uscita dalla Cina).  In confronto entrare ed uscire dal Tibet è un gioco da ragazzi. Capisco che qui ci sia la popolazione uigura, di religione mussulmana e quindi tendente a ribellioni verso il governo centrale (di cui rifiuta persino l’ora tenendo quella del Kirghizistan, ovvero + 4 anziché + 6 rispetto all’Italia) ed i confini siano quelli “caldi” con Afganistan ed altri “scomodi” vicini, ma, anche per chi era già stato qui non molto fa, ad oggi si sta davvero esagerando. A questo punto meglio l’aereo (l’aeroporto a Kashgar c’è).

Speriamo comunque che Kashgar continui a far sognare i viaggiatori come ai vecchi tempi, con la sua aurea di città oasi e che non venga travolta del tutto dalla modernità che avanza e che abbraccia, via via, tutta la Cina.

Ai posteri l’ardua sentenza…

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