India tra magia, maharaja e spiritualità (Seconda Puntata)

Ed eccoci…Mmmm Dove eravamo rimasti? Ah sì, in viaggio verso Jairpur, la “città rosa”, capitale del Rajasthan. Durante il volo apprendiamo altre terribili notizie. Il proprietario del tour operator italiano al quale ci eravamo affidati per organizzare il viaggio, ci fa sapere che, se da un lato altri italiani al Sud sono vivi per miracolo, lui ha perso un caro amico nel viaggio che aveva organizzato per questi e la moglie in Sri Lanka: la donna si è salvata salendo sopra un albero e ha visto il marito sparire, trascinato via dall’acqua, dal fango e dai detriti. Che shock per la donna e che senso di impotenza per lui che gli aveva consigliato quella splendida Nazione, organizzandogli pure il soggiorno (fatale) al mare…

Jaipur - Il Palazzo di Città
Jaipur – Il Palazzo di Città

Ma anche per noi la giornata rivela una spaventosa, inaspettata, sorpresa. Mentre rientravamo dalla visita della città, sento un botto fortissimo che fa tremare tutto e rompe alcune vetrate della hall. Improvvisamente, vedo partire colpi di arma da fuoco da un edificio proprio di fronte a noi.Alcuni entrano persino in hotel. Forte della presenza di molta polizia che sparava per fermare chi stava sul tetto, metto il naso fuori, proprio mentre i due uomini che stavano sparando, si schiantano al suolo quasi contemporaneamente. Accanto, intanto, alcune persone stanno aiutando un’anziana ed altri inquilini ad uscire da una finestra. Tutto va a fuoco dal sottotetto in giù. Guardo e chiedo ad un giovane poliziotto a cosa stessi assistendo esattamente  e la sua spiegazione mi mette in allarme più che mai. Approfittando che la maggior parte dell’esercito è al Sud ad aiutare la popolazione, dei terroristi pachistani hanno ben pensato di piazzare una bomba nella caserma, passando dal palazzo vicino, ma qualcosa era andato storto. La bomba era esplosa prima, tre di loro erano rimasti uccisi, mentre, gli altri due, hanno tentato la fuga attraverso il tetto. Scoperti, hanno iniziato a sparare, ma, per fortuna, la polizia li ha uccisi. Persino per gli inquilini evacuati è andata bene e, i pompieri, hanno spento l’incendio prestissimo, per evitare si propagasse alla caserma, dove armi, polvere da sparo, munizioni… avrebbero innescato una serie di devastanti esplosioni, con tutte le conseguenze del caso.

A questo punto mi sono chiesta se altri avrebbero provato a compiere gesti così folli, visto che tutti, ormai, sapevano dell’impegno dei militari al Sud…

Ma il viaggio continua…deve continuare… e così si va verso Amber, sperando di lasciarsi il delirio alle spalle, almeno per qualche giorno. La fortuna sembra venirci incontro e visitiamo, arrivando in groppa ad un elefante, la fortezza di Man Singh. Dopo aver pranzato, torniamo a Jaipur e,analizzando attentamente chiunque incontrassimo, ci dirigiamo verso il Palazzo di Città, insieme monumentale che include la reggia, un museo, l’osservatorio e il Palazzo dei Venti. Dopo averlo visitato, andiamo dritti verso il Bazar dei Gioiellieri, ma ormai l’angoscia dei luoghi affollati è tanta che facciamo un giro veloce e torniamo in hotel. Qui hanno sorprendentemente cambiato i vetri, rimosso tutto e, guardandomi intorno, mi accorgo che nulla è come prima o meglio, nulla è come durante l’attentato. Quasi quasi mi viene da pensare di aver vissuto solo un incubo dal quale mi sono appena risvegliata, ma…non è affatto così.

Amber - Elephant Taxi
Amber – Elephant Taxi

A questo punto meglio capire perché India e Pakistan si fanno la guerra…da sempre. Tutto comincia dal Kashmir, la regione che si trova nel nord del subcontinente indiano rivendicata da decenni da entrambi i paesi e dalla Cina.

Il governo del Pakistan ha detto che una vera guerra contro l’India per il controllo del Kashmir non è nemmeno presa in considerazione, ma la situazione tra i due Paesi viene seguita con particolare attenzione dalla diplomazia internazionale dal 1998, anno in cui India e Pakistan hanno testato entrambi un’arma nucleare.

La guerra tra India e Pakistan sul territorio del Kashmir è cominciata 67 anni fa, quando entrambi i Paesi divennero Stati sovrani indipendenti, anche se su idee profondamente diverse di nazionalismo: il nazionalismo indiano, rappresentato dal Partito del Congresso e dal suo leader Jawaharlal Nehru, si sviluppò sull’idea di paese laico, multiculturale e multireligioso. Lo stato pakistano si sviluppò invece attorno alle idee di Muhammad Ali Jinnah, basate sull’Islam come elemento culturale comune della popolazione. Lo stato del Kashmir fu un’eccezione nel contesto della spartizione su base religiosa, perché nonostante la sua popolazione fosse in maggioranza musulmana, il sovrano hindu – il Maharaja Hari Singh – decise di firmare l’annessione all’Unione Indiana.Ne seguì la prima guerra per il Kashmir, che si concluse solo nel 1949 con la divisione della regione in due parti: il Jammu Kashmir, assegnato all’India, e lo Azad Kashmir, assegnato al Pakistan. Da allora il Pakistan ha continuato a rivendicare il Kashmir indiano – quello più esteso, con capitale Srinagar – decidendo per politiche sempre più aggressive, tra cui il sostegno di movimenti insurrezionali. Nel 1965 cominciò la cosiddetta “seconda guerra del Kashmir”, che durò per cinque mesi e si concluse con migliaia di persone uccise o catturate, senza però che venisse trovata una soluzione definitiva. Negli anni successivi ci furono altri scontri, ma quasi tutti a bassa intensità: l’ultimo episodio di violenza rilevante è stato nel 1999, quando le truppe pakistane attraversarono la linea di confine e occuparono la zona di Kargil, sotto l’amministrazione indiana, e poi vennero respinte indietro. Nel 2003 i due governi stabilirono una specie di tregua, che in molti considerano durare ancora oggi. Tuttavia gruppi di pakistani, ben addestrati,si infiltrano in India proprio dal Kashmir e possono verificarsi episodi di violenza, proprio come quello a cui ho assistito.

Il mattino successivo, ovvero il 31 dicembre del 2004, partiamo per Agra. Facciamo una sosta pranzo in un Palazzetto Nobiliare a Peharsar e poi proseguiamo per Fatehpur Sikri, Capitale Imperiale di Akbar il Grande, abbandonata alla fine del 16° secolo per mancanza d’acqua. Ad oggi i suoi unici abitanti sono curiose e dispettose scimmie. Tutti gli edifici sono comunque in ottimo stato di conservazione.

Agra - Il forte
Agra – Il forte

Dopo altri km (circa una quarantina), arriviamo ad Agra. L’India aveva previsto grandi festeggiamenti, ma, nel rispetto delle vittime dello tzunami, abolisce i Fuochi d’Artificio previsti per la mezzanotte. Del resto, chi ha voglia di festeggiare dopo le immagini trasmesse dai notiziari locali e da quello che succede in giro? Io no di sicuro e brindo a fatica al 2005.

Al mattino del 1 gennaio, visitiamo l’imponente e magnifico Forte di Agra e la Tomba di Akbar il Grande a Sikandra. Visto che lo abbiamo già nominato più volte, vi do qualche notizia su questo personaggio.

Nel 1556, a soli tredici anni, succedette al padre, che aveva da poco riconquistato lʼimpero, e, grazie al genio militare di Bairam Khan, valente e fedele generale dell’esercito Moghul, conquistò gran parte del subcontinente e a diciotto anni assunse il controllo del regno. Si aprì così una nuova era per lʼIndia: il giovane guerriero si rivelò uno dei sovrani più illuminati della storia.

Il musulmano Akbar ripudiò ogni forma di estremismo religioso e mirò allʼintegrazione delle varie etnie e delle religioni autoctone con lʼIslam; chiamò a corte eminenti esponenti di ogni credo, nominandoli ministri; eliminò la jizya, tradizionale tassa imposta ai non musulmani, e volle allearsi con i rajput, antica casta di guerrieri indù, sposando Hira Kunwari, figlia del Raja Bharmal. Inoltre abolì il concetto di religione di stato e introdusse princìpi di tolleranza ed eguaglianza tra le fedi, che rimangono eccezionali nellʼintera storia dellʼumanità. Spinto dalla sua tolleranza religiosa, tentò la creazione di una fede sincretica, che fondesse lʼislam con lʼinduismo; fece costruire, tra le molte città, anche la capitale Fathpur Sikri, la Città della Vittoria, dove visse per quattordici anni (1571-1585); sviluppò e diffuse le arti che suo padre Humayun aveva importato dalla Persia e, con alcuni pittori persiani, creò uno studio con oltre cento artisti per realizzare opere eccelse, il cui stile si diffuse in tutte le province del suo regno.

Dalla fusione di tradizioni diverse, ma non incompatibili, ebbe dunque la sua origine e originalità lʼarte e lʼarchitettura indo- islamica, il cui periodo dʼoro coincise con quello della dinastia Moghul, una stirpe di conquistatori (1526-1858, anche se lo stato unitario si esaurisce nel 1707), che diede vita a un impero più grande dellʼattuale India, spostandosi verso la Persia, dapprima a Kabul e poi a Delhi e successivamente ad Agra. Akbar (1542-1605), “Il più grande”, fu uno dei più potenti sovrani dellʼIndia e del mondo, appartenente alla dinastia Moghul, figlio di Humayun e nipote di Babur, che si diceva discendente di Chingis Khan e di Tamerlano. Non vʼè dubbio che Akbar diede al suo regno (1556-1605) prima di tutto lʼunità territoriale, supportata da un potere statuale centralizzato e da unʼamministrazione riformata in grado di dar vita a una fase di prosperità economica, una stabilità politico-militare, accompagnata da quella sociale e da un forte rinnovamento culturale e spirituale.

Diventato imperatore a soli tredici anni, non gli si poté insegnare a leggere e scrivere; Akbar rimase così analfabeta, ma ciò non gli impedì di sviluppare un gusto e una passione per le arti: pittura, musica, letteratura e architettura venivano coltivate a corte con grande entusiasmo ed eclettismo.
Akbar avviò una politica di grande apertura culturale, filosofica e religiosa, che valse al sovrano la possibilità di conoscere in modo approfondito la tradizione hindu, di valorizzarla e di farne, insieme al rispetto delle varie religioni autoctone ed etnie, fattori fondamentali del proprio successo politico e di consolidamento del proprio potere. Spinto dalla sua tolleranza religiosa puntò alla creazione di una fede sincretista, che fondesse lʼislam e lʼinduismo. Per raggiungere tale obiettivo chiamò vari esponenti di ogni origine e credo presso la sua corte nominandoli ministri, eliminò la tassa imposta ai non musulmani (jizya) e volle allearsi con lʼantica stirpe di guerrieri hindu (rajput), sposando, in prime nozze, Hira Kunwari, nota anche col nome semi mitico di Jodha, figlia del Raja Bharmal di Amber, che poté continuare a praticare lʼinduismo anche nella corte islamica dei Moghul.La tolleranza e il rispetto per le differenti religioni autoctone e per le etnie si rispecchiavano, oltre che nella vita privata e pubblica di Akbar, anche nelle costruzioni architettoniche del suo regno, in particolar modo nella capitale dellʼimpero, la Città della Vittoria (Fathpur Sikri), dove, dopo la nascita del primogenito (1569), si trasferì con tutta la sua corte. Akbar riprese inoltre le arti importate dal padre Humayun, grazie agli artisti persiani, e con alcuni pittori diede vita a un vero e proprio centro di arti pittoriche frequentato da più di cento aiutanti per la realizzazione di opere di incomparabile bellezza, il cui particolare stile si diffuse in tutte le province del regno.

Nel pomeriggio visitiamo il Taj Mahal, il più famoso monumento dell’India. Unico neo, a mio marito vengono rubate le scarpe che vanno lasciate in appositi recinti mentre, per fortuna, gli armadietti all’ingresso dentro i quali devi lasciare video e fotocamera, sono meglio custoditi e chiusi a chiave. Fotografiamo e filmiamo prima di consegnare il tutto. All’uscita si parte per tornare in hotel dove ci aspettano i bagagli e quindi Ale può rimediare un altro paio di calzature. Non vi dico però l’amarezza…In un luogo praticamente sacro, una tomba…ladri!!! Pazzesco…

Il Taj Mahal
Il Taj Mahal

Comunque, parliamo di questa meraviglia architettonica perché davvero vale la pena vederla (più dall’esterno che al suo interno). Taj Mahal significa “Palazzo della Corona”, è considerato uno degli edifici più belli e affascinanti. Dal 2007 rientra nelle sette meraviglie del mondo, e in parte questo magnetismo è dovuto alla leggenda che lo avvolge.

Il Taj Mahal si trova sulle rive del fiume Yamuna, ad Agra, India Settentrionale. Fu costruito dal quinto imperatore Mughal , Shah Jahan, nel 1631 in memoria della sua seconda moglie, Mumtaz Mahal,una principessa originaria della Persia. Mumtaz Mahal morì mentre accompagnava suo marito a Behrampur, durante una campagna per schiacciare una ribellione. Aveva appena dato alla luce il loro quattordicesimo figlio. La sua morte fu un vera tragedia per l’imperatore, al punto che i suoi capelli e la sua barba nel giro di pochi mesi diventarono completamente bianchi per il dolore.

Mentre Mumtaz Mahal era ancora in vita, aveva chiesto all’imperatore di farle quattro promesse nel caso in cui fosse morta prima di lui. Per prima promessa gli chiese di costruire il Taj; la seconda era che si sarebbe dovuto sposare di nuovo per dare una nuova mamma ai loro figli; la terza promessa era che sarebbe sempre stato buono e comprensivo con i loro figli; e la quarta, che avrebbe sempre visitato la sua tomba nell’anniversariodella sua morte.

La costruzione del Taj Mahal iniziò nel 1631 ed venne completata in 22 anni. Probabilmente furono più di mille gli elefanti utilizzati per trascinare i pesantissimi marmi e, leggenda vuole,  che a tutti i lavoratori impegnati nella titanica impresa furonoamputate le mani al termine della costruzione. Perché Shah Jahan voleva che l’opera, non perfettibile, non fosse mai più ripetuta.

Il Taj sorge su una base di pietra arenaria rossa sormontata da un’enorme terrazzo di marmo bianco sul quale si posa la famosa cupola affiancata dai quattro minareti affusolati. La cupola è fatta di marmo bianco, ma la sua posizione vicino al fiume fa si’ che un magico gioco di colori che cambiano durante le ore del giorno e a seconda delle stagioni, diano al Taj Mahal riflessi di colori che lo rendono unico ma sempre diverso. Come un gioiello, il Taj scintilla al chiaro di luna quando le pietre semi-preziose incastonate nel marmo bianco sul mausoleo principale afferrano il bagliore dei raggi della luna. Il Taj è rosato al mattino, bianco latteo alla sera e d’oro quando la luna splende. Sembra quasi che questi cambi di colore rispecchino la mutevolezza dell’umore femminile, o almeno così si dice in India.

Il Taj Mahal vive, in quanto monumento dedicato all’amore eterno.

Partiamo per Delhi, molto presto, il mattino successivo. Dopo più di 200 km di strada, arriviamo in hotel dove pranziamo. Ormai speranzosi di aver lasciato indietro le varie vicissitudini, ci dedichiamo alla visita della Moschea del Venerdì, del Forte Rosso,un tempo reggia e cittadella degli imperatori, del Mausoleo di Humayun, del Parco Archeologico del Qutub Minar, con la Torre della Vittoria, simbolo della Città e, infine, di Connaught Place.

Delhi - Il Qutub Minar
Delhi – Il Qutub Minar

Il giorno dopo ci dirigiamo in aeroporto, ma qui dobbiamo riaprire gli occhi sulla realtà che sta scuotendo non solo l’India, bensì il Mondo intero. Nello sconforto più totale, il viaggio continua…

Alla terza parte!

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